Aspettative-Attaccamento-Sofferenza

Nella nostra “zona comfort”, che il più delle volte ha ben poco di confortevole, ci sentiamo sicuri e “godiamo” di una percezione di quiete interiore anche se in realtà siamo in un vortice tumultuoso di pensieri ed emozioni che cerchiamo e riusciamo spesso a gestire, proprio perché siamo nel conosciuto di quel recinto costruito negli anni. Spesso non ci rendiamo conto che abbiamo inconsciamente sviluppato un attaccamento a tutto ciò che rientra in quella “zona comfort”, anche se in quella dimensione, viviamo situazioni di sofferenza nelle quali ci muoviamo con una certa dimestichezza; sofferenza che pensiamo possa un giorno finire dal momento che, tutto sommato, ci siamo “abituati” alla sua presenza. Pensiamo: “non potrà che andar meglio se tutto rimane come è”. E’ paradossale, ma quel “andrà meglio” che si sviluppa come pensiero di fondo, è proprio legato alla nostra abitudine e al senso di attaccamento nei confronti di quella situazione, per quanto tossica o idilliaca essa possa essere. Ma sappiamo che la vita è cambiamento e nonostante ciò, ci impegniamo a far sì che tutto rimanga così come è resistendo al flusso naturale della vita con inutile spreco di energia.

Ma come facciamo a diventare consapevoli se abbiamo sviluppato attaccamento o meno?

Dobbiamo semplicemente metterci in contatto con le nostre paure o timori ponendoci una semplice domanda: “Ho forse paura di perdere qualcosa o qualcuno che si trova in questo momento all’interno della mia “zona comfort””? Rispondendo a questa domanda potremo osservare quanto quella situazione, quella cosa, quella persona, è stata da noi identificata come parte di noi stessi; ed è per questo che temiamo di perderla.

Accogliere i cambiamenti che la vita inevitabilmente ci mette davanti, compresa la possibilità di  perdere qualunque cosa faccia parte della nostra “zona comfort” ( comprese le idee acquisite e/o personali  o  l’immagine di sé che vogliamo proiettare al mondo), diventa un atto d’amore verso noi stessi  che ci permette di accettare la verità così come è. Da quel momento non ha più motivo di esistere nella nostra mente l’ingannevole illusione del “dovrebbe essere diversamente da ciò che è”;  l’altro dovrebbe essere… per essere amato/a dovrei essere…. Per star bene dovrei …. Se solo fosse diverso…. Ecc

Questa diventa la base non solo per cominciare a coltivare il “non attaccamento”(e quindi a ridurre la sofferenza) , ma è anche il primo passo per manifestare il proprio Sé Autentico e passare dall’Amore condizionato (del come dovrei essere e del come dovrebbero essere gli altri), a quello incondizionato; solo in questo modo potremo dare agli altri ciò che desideriamo veramente ricevere.

LA PAURA

Uno degli aspetti in assoluto più limitanti nella nostra vita è sicuramente la PAURA in tutte le sue forme e sfumature. Può trattarsi di un semplice timore di non riuscire a…, fino alla paura atavica dell’ignoto e/o della morte.

Conoscere sé stessi con le proprie paure è di fondamentale importanza se si intende fare un cammino di crescita. Ma è ovvio che il fattore accelerante la nostra evoluzione, non è la sola e semplice presa di coscienza di ciò che ci limita, ma è l’accoglienza con amore incondizionato delle proprie paure;  il loro superamento; la capacità di contattare le risorse interiori che ci permettano di smorzare o di togliere completamente il potere che le nostre paure esercitano su di noi limitando l’intercedere nel nostro cammino.

Il mio sentire mi porta a pensare che quando Cristo disse “amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano”, non si riferisse tanto alle altre persone, quanto proprio alle paure che sono dentro di noi. Certo, è solo un’altra prospettiva, ma in fondo, se fossimo in totale accettazione di ciò che è, dentro e fuori di noi e liberi da ogni paura interiore, compresa quella dell’ignoto dopo la cessazione del corpo fisico, potremmo forse dire di avere dei nemici?

E se conoscessimo la nostra natura divina, avremmo paura della morte fisica? Io credo di no. Probabilmente la paura della morte non è altro che una giustificazione del nostro Ego; un velo per nascondere una paura più sottile, ovvero la paura di conoscere pienamente la nostra natura divina. E perché mai dovremmo avere questa paura? Perché se veramente facessimo esperienza della nostra natura, della nostra Essenza, il nostro Ego scomparirebbe alla luce della Verità e ogni nostra convinzione ed identificazione con ciò che non siamo (un corpo fisico, un’emozione, un pensiero), cadrebbe davanti ai nostri occhi. In altri termini, nell’Esperienza dell’ESSERE, cadrebbe l’illusione di pensare di essere.

 

MA TORNIAMO ALLA PAURA COMUNEMENTE CONOSCIUTA.

 

Ogni giorno mi trovo ad esplorare ciò che succede nei corpi fisico, mentale ed emozionale delle persone, oltre che sul mio, e mi rendo conto che a un qualche livello, una certa paura è sempre presente, sia essa manifestata esplicitamente o meno da parte di chi si affida “alle mie mani”. Non mi piace essere assolutista perché sono certo di non aver esplorato ogni legge che governa l’Universo, per cui potrei ancora meravigliarmi un giorno che, ciò che ho appreso finora, potrebbe trovare conferma nel suo esatto contrario; quindi rimango aperto alle scoperte che un giorno potrebbero sorprendermi.

Per il momento però, posso dire che, quantomeno nel protrarsi degli stati di sofferenza psichica, emotiva e/o di malattia con i quali mi trovo ad interagire, ho riscontrato sempre la presenza di questa frequenza, di questa energia sorda ma invalidante che si manifesta con qualche sfumatura associabile alla Paura.

Ecco che mi ritrovo spesso ad utilizzare gli strumenti acquisiti nel corso degli anni, con l’intento di smuovere e far emergere a consapevolezza, quelle vibrazioni di paura che creano disarmonia, conflitto interiore, insoddisfazione, frustrazione e molto altro, alle persone che cercano di ritrovare quel benessere e quella forza per affrontare il quotidiano.

Lo so, a volte non è facile confrontarsi con le proprie emozioni e dar loro un nome per riconoscerle e prendere consapevolezza che in fondo, siamo gli unici responsabili di noi stessi. A volte le persone si trovano in un momento di empasse dove è meglio non “forzare la vista”; ecco che allora può essere utile un approccio indiretto attraverso il suono e le frequenze vibrazionali che ne scaturiscono (Gong). L’intento di lavorare su un obiettivo e/o su un blocco dato da paure di vario genere, viene veicolato attraverso il suono e lavora senza che il ricevente debba sforzarsi di compiere chissà che passi. Allo stesso modo si può utilizzare la respirazione circolare, consapevole e connessa (Rebirthing), ponendo una chiara intenzione e lasciando che l’energia smossa da questa pratica, raggiunga l’obiettivo con la collaborazione della saggezza interiore di chi vuole cambiare qualcosa in sé per migliorare la propria condizione sui vari piani. (Cambiare un lavoro; avviare un nuovo progetto; cominciare una nuova relazione; prendersi cura della propria salute o apportare un qualsiasi cambiamento di vita che ci porti fuori dalla zona di comfort).

 

MA COS’È QUESTA PAURA?

 

La PAURA è un’emozione detta “PRIMARIA” che scaturisce da un pericolo sia esso reale o ipotetico/futuro. In questo caso si può parlare di “paura fantastica” (non ovviamente col significato del suo sinonimo  “esaltante”). Le paure che scaturiscono da fantasie di possibili pericoli o disastri o disgrazie che una persona pensa di potersi/doversi aspettare, sono spesso nascoste sotto stati ansiosi che si comportano da parassita energetico del nostro intero organismo; si nutrono cioè di energia ed è quindi inevitabile che nel tempo, la nostra forza vitale venga meno. Quando invece essa deriva da un pericolo conosciuto e imminente, fa scaturire uno dei meccanismi di sopravvivenza utili al superamento del momento; mi riferisco alle reazioni di Lotta o Fuga e/o Congelamento. Sono stati reattivi che fanno scaturire risposte dell’organismo che inibisce alcune funzioni per indirizzare l’energia verso altre, con la conseguente produzione degli ormoni adeguati. Anche qui, se il meccanismo viene protratto oltre il necessario, l’emozione comincia a logorare uno o più distretti corporei depositandosi in quelli che chiamiamo “organi bersaglio”  che nel tempo possono andare in disfunzione. Questo è il motivo per cui la maggior parte delle persone si rivolge ad un facilitatore Craniosacrale e di Rilascio Somato Emozionale; proprio perché manifesta sintomi non legati ad una patologia, ma che comunque minano il proprio benessere e la capacità di rispondere con lucidità ed energia alle situazioni del quotidiano in uno o più ambiti.

Non mi piace definire le emozioni con gli appellativi “negativa e positiva”. Le emozioni non sono altro che movimenti energetici che e-movono appunto dal corpo e, nel momento in cui tratteniamo queste energie, esse logorano il nostro organismo ed è per questo che preferisco definire un’emozione non manifesta come “distruttiva”. La paura è quindi un’emozione distruttiva che crea chiusura anziché espansione e che, inevitabilmente, porta la persona a limitare la propria evoluzione, lo sviluppo della propria Coscienza e la realizzazione dei propri sogni. È facile dedurre che, vivendo in uno stato costante di paura, l’essere umano è portato inconsciamente a far vivere il proprio corpo fisico fino al momento in cui arriverà il suo limite fisiologico, mentre a livello psichico e spirituale, la persona possa definirsi “morta”; intendo dire che anteporre la paura alla propria spinta interiore a realizzare progetti e alla propria evoluzione, significa togliere l’energia vitale a quell’intento con effetto a cascata in ogni aspetto che contraddistingue un essere umano; in primis la spinta al miglioramento della propria condizione.

 

PAURA-AGGRESSIVITA’-VIOLENZA

 

Parallelamente alla paura atavica della morte,  spesso non si cela un atteggiamento remissivo o di abbandono come si potrebbe pensare; il più delle volte, il riverbero  più o meno espresso della paura, è un aumento dell’aggressività. Paradossalmente, sembra sia molto più violenta una reazione mossa dalla paura, di quelle mosse dalla rabbia ( Es: nella mia testa ho paura che tu mi possa uccidere, quindi prevengo con estrema aggressività uccidendoti io). Questa dinamica  è dimostrato essere tanto più adottata, quanto più il soggetto si sente in trappola, ovvero quanto più sente che le reazioni di fuga e/o congelamento potrebbero non essere utili alla sopravvivenza. E’ uno spunto da tenere in considerazione quando le nostre paure ci inducono a chiuderci in noi stessi in un primo momento, ma che poi, se alimentate dalla mente limitante, possono trasformarsi in paranoie che nel tempo ci fanno perdere qualsiasi capacità di vedere con lucidità e indurci in atteggiamenti aggressivi che possiamo manifestare più o meno consciamente verso l’interno (noi stessi) o verso l’esterno (gli altri).

 

PAURA A LIVELLO CELLULARE  E RISVOLTI NELLA PSICHE

 

La paura è comunque un’emozione che ci viene trasmessa come corredo genetico ed è profondamente radicata nel nostro nonconscio (non dimentichiamoci che la nostra natura animale ha ancora una notevole influenza nei comportamenti reattivi); il cervello rettiliano è quantomai ancora attivo nelle sue risposte alla vita, soprattutto in un mondo dove sembra che tutto o quasi ci sia contro e dove tramite i mass media si instillano minacce presunte e/o concrete quotidianamente. Non di meno, già il feto è in grado di assorbire questa emozione direttamente da ciò che vive la madre e non solo, ricevendo in tal modo un imprinting che risveglia ciò che  è già presente nel suo corredo ancestrale.

Di sicuro l’atteggiamento errato, soprattutto in età adulta dove la consapevolezza dovrebbe farla da padrona, è quello di “combattere” le paure a tutti i costi. E’ di fondamentale importanza mettersi nella prospettiva dell’osservatore e guardare quanto la mente limitante è complice e giustificatrice di una serie innumerevole di paure e timori che, utilizzando semplicemente il seme della logica, cadrebbero con estrema rapidità. Eppure, per contro, il mantenimento della paura da parte della mente limitante, è proprio uno dei fattori che ci fanno perdere la capacità di analizzare con chiarezza e a ragion di logica le situazioni o l’oggetto delle nostre paure. La paura indirizza l’attenzione verso l’oggetto della paura stessa rendendoci ciechi rispetto a tutto il resto. Questo meccanismo inconscio produce altresì l’effetto di distorsione dell’evidenza. (Ne abbiamo avuto un esempio inconfutabile e più che eclatante in questi ultimi 3 anni).

Personalmente credo che l’effetto più devastante avvenga nella parte più profonda e vera, in quella che mi piace chiamare Anima o Vero Sé. Infatti, cavalcare l’onda delle paure, non fa altro che allontanare la capacità di prendere contatto con la nostra Essenza e perdere fiducia nella vita stessa; fiducia che cresce tanto quanto più esperiamo, non solo a livello cognitivo, ma con tutte le nostre percezioni sensoriali ed extrasensoriali, che siamo un punto di quiete, una scintilla di luce che non ha né inizio né fine.

Si dice che esistano più di trenta strade diverse per toccare il nostro Essere Divini, la nostra luce; personalmente, oltre ad alcune forme di meditazione/contemplazione e di altre modalità che mi sono state più congeniali nel tempo e che mi hanno portato ad averne un assaggio, trovo che il Rebirthing sia quella che mi ha dato di più, ovvero che mi ha fatto rimanere in contatto con quel punto di beatitudine e immortalità per più tempo e con un livello di esperienza tale per cui nemmeno la mia mente limitante ora sarebbe in grado di dubitare.

 

MA PERCHÉ HO SCELTO DI SPAZIARE UN PO’ SU QUESTO TEMA?

 

Avendo fatto queste premesse, credo non sia difficile intuire cosa abbia portato milioni di persone in questi ultimi anni, a sottostare ad imposizioni che nulla avevano a che fare con la realtà e soprattutto con le leggi che governano l’Universo.

Pensando ai due fattori che su tutti alimentano le paure dell’essere umano e non solo, si possono riconsiderare molti dei movimenti sociali, politici ed economici che le persone di potere mettono in atto in tutto il mondo.

I due fattori scatenanti le paure sono in primis:

Il bisogno di sopravvivenza con tutte le sfumature di paura che arrivano dalle varie minacce che potrebbero ostacolarne il soddisfacimento.

In secondo luogo il bisogno di mantenere ciò che abbiamo acquisito. Bisogno che si manifesta a 360 gradi nella nostra vita: ovvero il bisogno di mantenere il tetto sotto cui viviamo; il bisogno di mantenere lo stato di salute che abbiamo seppur essa possa essere precaria; il bisogno di mantenere gli affetti cari; il bisogno di avere ciò di cui sfamarsi e, insieme ad altri, il bisogno di aumentare sempre di più il soddisfacimento di questi bisogni. Non è un segreto, il fatto che l’essere umano tende ad accumulare e a volere sempre di più dal momento che è governato da una spinta o da una condanna (dipende dal punto di vista) al  miglioramento. Peccato che, almeno in occidente, mediamente non si dia ugual importanza ad aumentare e migliorare l’aspetto spirituale quanto quello materiale. Se fossero coltivati parallelamente, mettendo ugual energia in uno e nell’altro, forse ci sarebbero meno lotte di potere e meno conflitti, considerando che spesso essi nascono proprio dalle paure che generano i due fattori sopra citati. E allora forse, dato che ognuno di noi ha già le proprie paure da superare, potrebbe essere buona cosa tenere gli occhi della consapevolezza e il cuore (antenna sulle frequenze della Verità, dell’Amore) ben aperti in modo da poterci schermare da tutto ciò che ci arriva dall’esterno con lo scopo di instillare in noi nuove paure. Così, dedicandoci alla conoscenza  dei “nostri nemici” (interiori) e imparando ad accoglierli, potremo conoscere noi stessi nella nostra interezza e imparare ad Amarci Incondizionatamente.

Concludo con un monito che rivolgo in primis a me stesso:

Conosci le tue paure; abbracciale; osserva se sono reali o immaginarie; chiedi loro cosa ti stanno impedendo di fare e perché; ringraziale se ti hanno protetto finora;  sii consapevole che sei una scintilla divina e che ora non hai più bisogno di loro; continua nella vita con fiducia porgendo l’altra guancia alle paure che verranno, la guancia dell’Amore, perché laddove c’è Amore, non c’è più spazio per la Paura

ANIMA ….tra il RESPIRO e la VIBRAZIONE

 

L’ANIMA NON è un Concetto!! E’ qualcosa di Concreto che si nutre delle stesse sostanze di cui è fatta; PACE, AMORE, GIOIA, ESTASI, LIBERTA’…

Non può essere ingabbiata nei limiti del corpo fisico, mentale o farsi condizionare dallo stato emotivo. Essa utilizza questi corpi come strumenti di evoluzione per Esperire Vita, ma essa non ha tempo e non ha confini.

Forse merita prendere in considerazione l’opportunità di farci guidare da lei, più che da ciò che vogliamo e/o pensiamo sia giusto secondo le condizioni e la visione del nostro ego.

Tuffiamoci nel flusso della vita senza paura e fidiamoci quando un senso di Pace, Gioia Profonda, Amore e Libertà ci pervadono, perchè in quel momento è proprio l’Anima che ci sta parlando e si sta espandendo ben oltre la limitata visione della nostra mente pensante e del limite imposto dal confine corporeo. ….la Magia, la Poesia, il Senso dell’esistenza sono OLTRE.

Ciò non vuol dire non ascoltare bisogni e desideri mancando così di nutrire mente, corpo ed emozioni!

Significa innanzitutto rimanere in ascolto della parte più profonda (e non disconnessi da essa come spesso capita), allineandoci alle sue frequenze, armonizzando quindi richieste e necessità dei corpi fisico, psichico ed emozionale alle vibrazioni dell’Anima affinché si crei coerenza tra ciò che pensiamo, sentiamo, diciamo, facciamo.

Farci avvolgere dalle vibrazioni armoniche dei Gong e/o utilizzare la tecnica del Respiro Circolare, sono due tra le tante strade percorribili, per diradare quella “nebbia” che a volte non ci permette di percepire con chiarezza la voce sottile dell’Anima assaporandone le qualità.

Ecco perché li si considera strumenti di Auto-Conoscenza! Ci permettono poco a poco di disidentificarci con il dolore del corpo, con quella determinata emozione che ci travolge, con i pensieri che ci attraversano, per Ri-scoprire che siamo ben altro da questo; siamo un punto di quiete nell’Universo che si muove; siamo l’Armonia dentro al caos; siamo la Luce che dissipa l’oscurità.

Il particolare stato di disconnessione dal mondo circostante che si manifesta praticando queste tecniche, lascia spazio alla connessione con una dimensione di quiete interiore e leggerezza che possiamo sperimentare; questo ci mostra quante possibilità abbiamo di sintonizzarci su frequenze diverse da quelle di sofferenza e fatica che spesso viviamo nell’affrontare il quotidiano.

Il senso di beatitudine, di leggerezza, di libertà che viviamo quando siamo connessi con la nostra Essenza, non è un movimento interiore che nasce e si dissolve come succede con le emozioni; è piuttosto uno Stato dell’Essere onnipresente ma che percepiamo purtroppo solo in quei momenti di intima relazione con noi stessi. Ecco perché, il portare nella nostra vita quante più occasioni possibili di connessione con le frequenze dell’Anima, non dovrebbe essere un momento di evasione da un mondo che ci trasmette pesantezza e oppressione come a volergli fuggire, ma dovrebbe diventare semplicemente il nostro anelito verso la Verità; quel Ri-tornare a Sé che i maestri definiscono “Cammino Spirituale”.

L’ORIGINE DELLA DISCREPANZA

Come mai se la vita è un processo attivo e i comportamenti di un organismo/essere vivente sono sempre diretti alla conservazione, all’accrescimento e alla riproduzione indipendentemente dagli stimoli o dall’ambiente più o meno favorevole, questa situazione ideale contrasta con l’esperienza di molte persone che vivono spesso in contraddizione con sé stesse, auto-svalutanti e incapaci di far fronte alla vita, in una profonda discrepanza tra la percezione che hanno di sé e quanto sperimentano come organismo vivente?

Inoltre, senza che ne abbiamo consapevolezza, il nostro Giudice Interiore e una lunga serie di convinzioni limitanti, presenti fin dai primi stadi dell’evoluzione dell’essere umano – lavorano alacremente, se così si può dire, per mantenere inalterato lo status quo. Si tratta di un fragile equilibrio che tenta di “mascherare” al mondo ciò che noi pensiamo di essere; se mai dovessimo essere “scoperti” potremmo perdere istantaneamente la possibilità di essere amati e ricontattare le nostre ferite di rifiuto e abbandono che generano ancora molta sofferenza al nostro Bambino Interiore.

L’origine di questa discrepanza ha che fare quindi con le prime esperienze che il neonato vive nel tentativo di soddisfare i propri bisogni di accudimento e protezione.

Se nei primi anni egli è perfettamente allineato con le proprie pulsioni e i propri bisogni, crescendo, man mano che si instaurano subpersonalità a contatto con il contesto sociale, religioso, culturale ed in particolare con le figure di riferimento primarie e il loro modo condizionato di dare Amore, il bambino è portato ad aderire a convinzioni e valori per assicurarsi amore e sopravvivenza.

Il bambino diventa quindi un adulto governato da un sistema di convinzioni che risale all’epoca della sua prima infanzia di cui non è consapevole e non ha mai messo in discussione.

La sua esperienza diretta diventerà qualcosa a cui non dare credito, perché considerata di valore inferiore rispetto ai valori secondo i quali ha imparato a codificare la vita e sé stesso.

L’individuo è così portato a dare la priorità ai modelli introiettati piuttosto che alla sua esperienza e questo origina la discrepanza tra il “sistema organismo” che tende naturalmente alla piena realizzazione e il condizionamento che spinge in un’altra direzione, impedendo di fatto lo sviluppo delle sue piene potenzialità e risorse. Questo intende Rogers quando afferma che “la tendenza attualizzante viene a ripartirsi in due sistemi almeno parzialmente antagonisti nella loro direzione di sviluppo”, definendo questi condizionamenti culturali addirittura “perversioni nei confronti della direzione originaria della tendenza attualizzante”

L’essere umano è complesso, al suo interno coesistono una molteplicità di parti ciascuna portatrice di emozioni, convinzioni e bisogni specifici che spesso vanno a cozzare o addirittura a confliggere. Questa molteplicità se non viene ri-conosciuta e legittimata è spesso origine di quella percezione di separazione e di confusione di cui i clienti nella sessione di counseling sono portatori e nella quale sono totalmente identificati. La maggior parte dell’energia dell’individuo anziché essere impiegata alla realizzazione di sé è impegnata per così a tenere a bada queste parti che alternativamente dominano la scena.

Ecco che la tendenza attualizzante presente in ogni individuo si trova ad essere scissa in tante parti quante sono le sub-personalità: maggiore è il numero delle parti, minore sarà la forza di cui la tendenza attualizzante può disporre per sostenere l’individuo verso la piena realizzazione del suo proposito esistenziale.

Inoltre, essendo ciascuna sub-personalità originata e cristallizzata in seguito ad una distorta percezione della realtà è naturale conseguenza ritenere che la tendenza attualizzante subisca la medesima distorsione.

Il compito principale del counselor è proprio quello di sostenere il cliente nel riconoscere, osservare e accogliere fino ad arrivare ad integrare la molteplicità di cui è portatore: questo processo, a volte lungo e faticoso, permetterà al cliente di liberare un’enorme quantità di energia impegnata a tenere in piedi la struttura (il non Sé) che piano piano si è costruito per garantire la propria sopravvivenza emotiva e che può essere utilizzata per seguire il proprio naturale impulso a fluire nella Vita.

 

 

FORZA VITALE & COUNSELING

Dal momento che arriviamo su questa terra completamente inconsapevoli del nostro proposito animico è normale chiedersi: cosa ci spinge verso la Vita? Cosa ci fa alzare la mattina? Cosa ci fa stare alzati fino a tardi? E andando un po’ più in profondità: da dove nascono la Fede e la Fiducia anche in situazioni di profonda sofferenza?

Carl Rogers, psicoterapeuta statunitense, padre del counseling, definisce questa spinta motivazionale  verso la Vita con il nome di tendenza attualizzante, secondo la quale “Sia che parliamo di un’alga marina, di un verme, di una quercia o di un uomo, dobbiamo tener presente che la Vita è un processo attivo e non passivo” e ancora “Sia che lo stimolo derivi dall’interno o dall’esterno, sia che l’ambiente sia favorevole o sfavorevole, è certo che l’organismo è teso ad assumere comportamenti tali da mantenere, migliorare  e riprodurre sé stesso”

Rogers arrivò a definire nel 1959 il fondamento della motivazione degli organismi a partire dall’osservazione di una particolare specie di alghe che cresceva sugli scogli della costa californiana e che, nonostante l’infrangersi costante delle onde del Pacifico, riusciva a nutrirsi e a proliferare. La riflessione che ne scaturì fu notare che in quell’organismo apparentemente fragile “c’era la tenacia e la persistenza della vita, la capacità di resistere in un ambiente incredibilmente ostile, riuscendo non solo a sopravvivere, ma ad adattarsi, a svilupparsi e divenire sé stessa”.

Pertanto secondo Rogers, in ogni essere vivente la Vita si manifesta con la stessa tenacia con la quale si manifestava nelle alghe da cui aveva ricavato la sua profonda intuizione. La vita è quindi un processo attivo e i comportamenti di un organismo sono sempre diretti alla conservazione, all’accrescimento e alla riproduzione sia che gli stimoli provengano dall’interno o dall’esterno e indifferentemente dall’ambiente favorevole o sfavorevole.

In un certo senso è come se la Vita si creasse le condizioni ad hoc per darsi lo spazio di emergere, portando ad uno sviluppo dell’organismo che contribuisce all’accrescimento e all’indipendenza del controllo esterno, attraverso l’autoregolazione di sé stesso, la differenziazione degli organi e delle funzioni.

Il biologo statunitense Bruce Lipton, nei suoi studi sulla funzionalità e l’organizzazione delle cellule, ritiene che questa intelligenza nasca dalla capacità delle singole cellule di memorizzare e apprendere dagli stimoli che arrivano dall’ambiente circostante e di organizzarsi per fornire la risposta migliore. In questo adattamento, inteso come capacità di modificare comportamenti e atteggiamenti a seconda degli stimoli percepiti all’esterno, l’organismo diventa più autonomo e meno vincolato.

Le ricerche biologiche di Hans Driesch condotte sulle larve di ricci di mare confermano l’opera della tendenza attualizzante. Nel suo esperimento, separò due cellule a partire da una cellula fecondata. Garantendo un ambiente adatto allo sviluppo, le due cellule svilupparono entrambe una larva di riccio completa, al contrario della logica naturale secondo la quale ci si aspettava che le due cellule sviluppassero solo una parte della larva. Anche la biologia è concorde nell’affermare quindi, che vi è una forza negli organismi viventi che va oltre gli stimoli esterni.

Rogers utilizza questo esperimento come esempio per descrivere il suo lavoro con le persone nella relazione d’aiuto: allo stesso modo dello scienziato, l’operatore della relazione d’aiuto può garantire le condizioni favorevoli alla crescita dell’individuo e alla scoperta di chi egli è veramente. La spinta evolutiva e la direzione di tale spinta sono già insite nell’individuo, si tratta solo di sostenere il cliente in questo movimento verso il pieno soddisfacimento dei suoi bisogni accrescitivi.

L’idea e l’approccio sviluppato da Rogers sono in totale antitesi rispetto alle modalità utilizzate fino a quel momento secondo le quali il professionista era l’unico in grado di decifrare e interpretare l’universo del cliente e di fornire una risposta adeguata alle tematiche portate. Ricordiamo che il termine cliente, sostitutivo a “paziente”, è stato introdotto dallo stesso Rogers con la nascita della terapia centrata sul cliente.

Esperimenti sulla deprivazione sensoriale, sottolineano che la mancanza di stimoli genera nell’organismo flussi di stimoli interni, tra i più disparati. Pertanto ciò che sosteneva Freud secondo il quale, “il sistema nervoso è (…) un apparato che vorrebbe, sol ciò che fosse possibile, serbare uno stato del tutto esente da stimoli” viene totalmente smentito.

La motivazione alla piena realizzazione nell’essere umano pertanto si muove anche quando i suoi bisogni primari sono soddisfatti e le funzioni omeostatiche compiute; essa è in grado di esprimersi in molti comportamenti e in risposta ai bisogni più diversificati.

L’organismo tende quindi alla propria conservazione e al proprio miglioramento, spinto da questa pulsione selettiva che assicura lo sviluppo delle sole potenzialità che hanno finalità costruttive e migliorative. Questo permette all’essere umano di funzionare in modo integrato, unificato ed efficace. Ne consegue una profonda fiducia nella direzione che viene scelta senza bisogno di essere soppesata razionalmente e una fiducia nella propria esperienza immediata, che viene vissuta in modo totale, pienamente nel qui ed ora. Questa è la condizione ottimale nella quale tutti gli esseri umani vorrebbero vivere.

LA TERAPIA CRANIOSACRALE INCONTRA I PIU’ PICCOLI

Di ritorno da una delle mie esperienze come assistente alle classi di formazione in Terapia Cranio Sacrale e Rilascio Somato-Emozionale® (Upledger Institute), sono felice di condividere un assaggio di quella che è ormai una modalità di approccio alla vita più che un lavoro, con la conseguente consapevolezza che ne emerge. Molti sono gli aneddoti delle mie esperienze dirette e/o quelli riportati dall’insegnante terapista, che giornalmente si trova a supportare bambini con i più svariati tipi di problematiche, che meriterebbero esser citati; però cercherò di focalizzarmi sull’essenziale.

Quella conclusa ieri è stata la mia seconda partecipazione da assistente a questo tipo di corso (dopo averlo fatto da studente) e devo dire che si radica in me sempre più profondamente una convinzione che non è fine a sé stessa, ma che mi permette di ampliare la mia capacità di essere neutrale ed inclusivo nel lavorare con le persone e soprattutto con i più piccoli.

Infatti, GUARDARE AI SINTOMI DI UN BAMBINO, SIANO ESSI FISICI, EMOZIONALI O PSICHICI, COME “PROBLEMI” ATTRIBUIBILI UNICAMENTE A LUI/LEI, È ASSOLUTAMENTE FUORVIANTE E QUANTO MAI INAPPROPRIATO SE VOGLIAMO VERAMENTE ACCOMPAGNARLO VERSO LA “GUARIGIONE”. SPESSO, PER NON DIRE SEMPRE, LO SQUILIBRIO ENERGETICO CHE SI MANIFESTA POI COME SINTOMO NEL BAMBINO, APPARTIENE ALL’INTERO SISTEMA FAMILIARE CHE NON PUÒ, O ALMENO NON DOVREBBE SOTTRARSI AL PROCESSO VERSO LA GUARIGIONE COME PARTE “ATTIVA”. LA TERAPIA CRANIO-SACRALE APPLICATA ALL’AMBITO PEDIATRICO, SI PRENDE SÌ ANCHE CURA DEL SINTOMO, MA CONSIDERANDO OGNI ASPETTO E PARTENDO DA UNA VISIONE OLISTICA NEL VERO SENSO DEL TERMINE, CERCANDO DI EDUCARE OGNI MEMBRO A CONCORRERE ALL’ARMONIA FAMILIARE PER IL BENESSERE DEL O DEI BAMBINI E QUINDI, INEVITABILMENTE, DI TUTTI.

Includere nel processo i singoli membri della famiglia come  fossero tasselli di un puzzle per poter mettere insieme il tutto e avere chiara visione del quadro completo, è utile per cogliere e percepire più chiaramente dove si trovino quegli scompensi energetici dei quali spesso i più piccoli se ne fanno carico inconsciamente, manifestandoli attraverso i sintomi di varia natura.

Guardare il sintomo esclusivamente dal punto di vista della medicina ufficiale per poterlo poi etichettare e curare con un intervento farmacologico come se fosse una sentenza a vita, non può essere “l’unica” soluzione, come spesso vogliono farci credere.

Credo, e più e più volte ne ho avuto conferma attraverso esperienza diretta, che osservare il quadro di insieme e scoprire come il sintomo del bimbo si inserisce nel contesto familiare in quanto Unità Inscindibile, ci permette di mettere in evidenza la fonte di disagio primaria e conseguentemente apportare le correzioni necessarie. Volendo escludere in questa sede i fattori transgenerazionali che a volte concorrono al quadro di insieme, basti sapere che a volte è sufficiente che il o i genitori si prendano cura dei propri irrisolti, che i disagi e/o i sintomi del bambino vengono meno, risolvendosi spontaneamente; può sembrare fantascienza ma se cambiamo prospettiva e guardiamo alla famiglia come un sistema energetico complesso e indivisibile, è più facile capire come ogni elemento abbia influenza sull’altro e sull’intero sistema. Con il termine “indivisibile” non intendo che per il bene dei bambini si debba tenere unito ciò che energeticamente è già frammentato; anzi, a volte, è proprio la frammentazione accompagnata da assenza di amore, manipolazioni, dinamiche malsane tra i “grandi” che rimangono “uniti a fin di bene” che diventa terreno fertile  per i disagi dei più piccoli. Ciò che conta è sempre la consapevolezza e la capacità di mettersi in gioco. Rimanere fermi nelle proprie posizioni e nella propria ragione, convinti che così sia meglio per i bimbi, diventa molto più spesso seme di sofferenza piuttosto che di crescita.

Credo che l’adultità intrisa di presenza a sé stessi e a come il proprio modo di essere all’interno di una famiglia si ripercuote nelle dinamiche familiari, debba essere il prerequisito fondamentale per poter evitare gran parte della sofferenza di cui spesso i figli, in un atto d’amore incondizionato, si fanno carico.

(Immagine tratta dal Corso Pediatrico di Terapia Cranio Sacrale 2023)

“ANALISI CREA PARALISI” (cit.) …ma solo in determinati contesti

La relazione di aiuto si contraddistingue per due approcci principali; quello verbale/cognitivo e quello corporeo/energetico. L’uno non esclude l’altro e molto spesso è utile e necessario che i due lavorino in sinergia per supportare nel migliore dei modi il cammino evolutivo della persona che ne fa richiesta, ma tra i due vi sono delle differenze che è importante conoscere.

Nelle prime, (tecniche di aiuto verbali e cognitive), l’esplorazione e chiarificazione della tematica portata dalla persona diventa strumento di individuazione di bisogni, definizione di obiettivi, ricerca di chiarezza riguardo sé stessi e gli altri, comprensione delle proprie dinamiche riferite alla relazione tra l’interno e l’esterno, dove il punto di partenza è spesso legato a ciò che succede intorno a noi per poi risalire verso il nucleo (Centro).

Nelle tecniche di aiuto ad indirizzo Energetico e Corporeo invece, il punto di partenza, o meglio di focalizzazione dell’attenzione, è proprio il “Centro” stesso, verso cui si tende, ad averne piena consapevolezza per poi, in un secondo momento, intuirne e/o comprenderne le dinamiche stesse; l’esplorazione razionale o il tentativo di dare logicità ai processi interiori, diventa in questi casi un ostacolo alla capacità innata del nostro sistema di trovare, integrare e/o rimuovere gli impedimenti che intralciano il percorso naturale verso l’omeostasi nei livelli fisico-emozionale-mentale ed energetico.

Ma cosa si intende per “Analisi crea Paralisi”, in riferimento alle tecniche energetiche?

Nelle tecniche energetiche terapeutiche a mediazione corporea, soprattutto le prime volte in cui le si approccia, si tende a voler capire cosa è successo e il perché.

Proprio per loro caratteristica intrinseca, l’utilizzo di queste tecniche, mira invece a portare la consapevolezza a ciò che succede a livello corporeo facendo esperienza diretta di ciò che molte volte non è  spiegabile a parole.

A volte le persone, alla fine di una sessione di respiro circolare, di massaggio vibrazionale, di una costellazione familiare, di un rilascio somato-emozionale e/o di altre tecniche energetico/corporee, vogliono o almeno cercano di capire e dare una spiegazione a ciò che è accaduto interrompendo di fatto il processo in corso. Questo è normale e non c’è nulla da rimproverare o giudicare. In fondo quanti di noi non vorrebbero capire-comprendere dopo aver vissuto una nuova esperienza?

 

Questa modalità però, che prevede l’utilizzo della mente cosciente, è in totale contrapposizione a ciò che invece mira a fare la tecnica utilizzata. In effetti, mezzo e scopo di queste tecniche, è abbassare il livello di controllo mentale per far sì che l’intero Sistema Integrato di Corpo-Mente-Spirito, dotato di intelligenza superiore a quella che possiamo mettere in atto attraverso la conoscenza acquisita da informazioni esterne, abbia tempo e modo di Sintetizzare (fare sintesi) ed Integrare l’esperienza vissuta per il suo/nostro massimo beneficio. Non è un caso che, alla fine della fase attiva, come quella ad esempio della respirazione circolare vera e propria, diamo così tanta importanza ad uno “spazio vuoto”, o di silenzio interiore, durante il quale è quanto mai opportuno rimanere in semplice ascolto di ciò che succede, senza chiamare in causa la mente vigile che tenderebbe immediatamente a valutare/interpretare il vissuto attraverso i filtri restrittivi della propria conoscenza già acquisita e quindi schiva dal rimanere aperta ad accogliere pienamente la nuova esperienza in semplice osservazione; d’altra parte si sa che tutto ciò che è nuovo, piace poco alla nostra mente, in quanto potrebbe far vacillare i punti saldi su cui essa si regge.

Questo non significa che è meglio evitare di esprimere il proprio sentire o la propria esperienza  dopo una sessione di una qualunque tecnica; anzi, l’espressione di come ci si sente e/o il tentativo di tradurre in parole l’esperienza intima vissuta, ci può essere di grande aiuto; la parola vibra ed è possibile, attraverso la condivisione, separare “il grano dalla pula”, ovvero  entrare in risonanza con quella che è la verità interiore e lasciar andare più facilmente ciò che invece arriva da quella parte di mente che probabilmente ha tentato di controllare o interpretare parte del processo in atto, cadendo molto spesso in fallo. Ciò che invece tende a bloccare questo processo  di sintesi ed integrazione, è l’analizzare e voler dare un senso alle sensazioni, percezioni, stati fisici ed emotivi vissuti durante il lavoro energetico.

Una cosa importante da ricordare, è che chi detiene la “verità” (personale) non è la mente (come spesso inconsapevolmente ci illudiamo sia) seppur con tutta la conoscenza che essa può aver acquisito da libri e seminari, ma è il corpo. Il corpo non mente mai ed è strumento di conoscenza esperita che inevitabilmente si trasmuta in consapevolezza impressa a livello cellulare ed infine in verità. Il fatto che la mente spesso si intrometta a dubitare su questo tipo di conoscenza e consapevolezza corporea, è uno dei più grandi limiti al completamento del processo terapeutico e/o omeostatico che porta alla piena e totale guarigione fisica, emozionale, psichica e spirituale.  Nella nostra visione infatti, non ci può essere piena Guarigione senza un passaggio di Consapevolezza; è attraverso la consapevolezza che possiamo prendere contatto con la fonte del disagio che proviamo ad uno o più livelli (fisico, emozionale, spirituale), per  scegliere poi consapevolmente di assumerci la responsabilità di cambiare un atteggiamento, un comportamento, una prospettiva che possa cambiare l’energia che ha creato e che mantiene quel disagio.

Questo tipo di consapevolezza è diversa dal “ah, ora so! ho capito una cosa nuova!” Parliamo qui della consapevolezza che si struttura come parte integrante di noi stessi; noi in quanto anime in cammino dotate di un corpo fisico, emozionale, mentale. Strutture queste, dalla più grossolana alla più sottile, che permettono a noi, in quanto anime, di evolvere attraverso l’esperienza terrena, che in sintesi, diventa esperienza spirituale. Ecco che la via della dualità si unifica e ci permette di conoscere interiormente che Spirito e Materia sono un’unica cosa e che le loro strade non sono separate se non agli occhi della nostra mente che è della dualità la massima manifestazione.

Permettere che sia la nostra Anima, attraverso il nostro sistema integrato, a percorrere la strada della guarigione attraverso l’esperienza vissuta senza che sia invece la mente a dubitare, contrastare, decidere cosa è meglio per noi, è il più grande dono di guarigione su tutti i livelli che possiamo fare a noi stessi. Far invece decidere alla mente cosa è meglio, significa lasciare il timone nelle mani di una sola parte di noi (mente che tra l’altro è la parte più limitante del nostro esperire pienamente vita).

Ritornare all’Integrità, significa riunire ciò che in noi è stato separato per molto tempo. Non significa escludere le parti che giudichiamo come limitanti e che non ci piacciono; ma significa piuttosto riconoscerle come parti di noi e metterle in Armonia con le altre; farle in un certo senso dialogare affinché ognuna possa esprimere le proprie potenzialità. È proprio grazie alle potenzialità di ogni parte, usate in sintonia col contesto emergente, che esse diventano, anziché fattore conflittuale, strumento posto a servizio di ciò che veramente siamo, ovvero Anime in Cammino.

Alberto

MACCHINE O UNIVERSI IN MOVIMENTO?

Che tu voglia vivere al meglio; che tu voglia un lavoro migliore; che tu voglia maggior tempo libero; che tu voglia relazioni più appaganti; che tu voglia un miglior stato di salute; che tu voglia vere amicizie o libertà…. sappi che: La Conoscenza non è sufficiente! Ogni conoscenza va esperita per poter diventare Consapevolezza. Consapevolezza e Responsabilità Personale sono gli ingredienti fondamentali per una buona torta.

Nonostante gli oltre vent’anni di “navigazione” ed esplorazione nel mondo dell’invisibile, della “salute olistica”,  delle energie e di come esse si manifestano e contribuiscono alla modificazione/trasformazione della materia, ancora mi metto in discussione chiedendomi se e come io abbia trasmesso conoscenza e supporto nel processo di consapevolezza delle persone che negli anni si sono affidate a me con i loro sistemi di credenze più o meno invalicabili e rigidi a volte, e più malleabili e instabili in altre.

Oramai la scienza e la fisica quantistica hanno appurato che l’osservatore è in grado di influenzare la risposta di un esperimento; (Non mi addentro in questo campo che richiederebbe un approfondimento a sé ma per chi vuole, si trova molto nel web sull’Effetto Osservatore o sulla Realtà Quantistica).

Riporto questo concetto perché ancor oggi, nonostante sia incontestabile l’assunto per il quale “non vi è vera guarigione senza consapevolezza”, molte persone che manifestano uno o svariati sintomi, affidano il loro corpo agli operatori, siano essi medici di medicina tradizionale o terapeuti di varia natura (sanitari e/o olistici), mettendo nelle mani di un “estraneo”, un qualcosa (il corpo appunto), come fosse una macchina sulla quale lo specialista di turno, dovrebbe indovinare se sia sufficiente pulire il filtro dell’olio oppure basti sostituire il pistone, per farla funzionare al meglio.

Certo, la medicina tradizionale con gli strumenti tecnologicamente sempre più avanzati, è in grado di fare diagnosi precise sul “malfunzionamento” di uno o più componenti di questa “macchina” in sé perfetta che chiamiamo “Corpo Umano”. Ciò nonostante, non c’è ancora strumento in grado di risalire al perché quel dato distretto corporeo, od organo o muscolo o chissà cos’altro, non funzioni correttamente. Non c’è strumento tecnologico che possa valutare nella complessità del Sistema Integrato Corpo-Mente-Spirito, unico e irripetibile per ogni singolo individuo, cosa sia successo per averlo portato a manifestare un disagio/sintomo.  L’unico “strumento” che io attualmente conosca in grado di una simile particolare sensibilità e capacità di andare oltre alle apparenze della mente, è la Coscienza, cui attribuisco svariati nomi a seconda del contesto: Saggezza Superiore, Medico Interiore, Maestro Guida,…

Ecco che allora arrivano in supporto le tecniche olistiche che, ahimè, vengono viste da alcune persone che hanno cominciato a porsi delle domande, come terapie alternative miracolose, in grado di scoprire cause e trovare rimedi ai vari tipi di malessere. Ma tutto questo è frutto di una errata percezione o di una qualche credenza/fantasia operante, che poco o nulla ha a che fare con la realtà.

Ogni tipo di terapia olistica, è, o almeno dovrebbe essere solo e soltanto uno “Strumento”, attraverso cui la persona possa portar luce di consapevolezza nella propria interiorità e prendere contatto con la causa scatenante i propri sintomi o malesseri; ecco che in quel momento diventa responsabile della propria salute e di conseguenza della propria vita. Il “vedere” le cause dei propri malesseri, significa avere lo scettro in mano per poter stabilire le nuove “regole” da seguire per non incorrere nuovamente in quegli atteggiamenti, pensieri, comportamenti, credenze, paure a bassa vibrazione, che hanno provocato dentro di sé, conflitto e quindi sintomi. A volte la nostra mente non è in grado, oppure non è pronta per vedere chiaramente in faccia la genesi di un problema; ecco che alcune tecniche ci vengono in aiuto in quanto, liberandoci energeticamente dalle disarmonie che in noi mantengono attivi i conflitti interiori, producono pian piano quei cambiamenti che ci permettono di migliorare la nostra quotidianità e dei quali veniamo a consapevolezza in un secondo momento, quando ne abbiamo esperito gli effetti.

Tutta questa premessa per dire che il rendersi parte attiva in un processo terapeutico è paragonabile ad aver attivato almeno il 51% della propria guarigione. Per contro, porre nelle mani di qualcuno, la responsabilità in toto della propria guarigione, è un’azione che avrà come risultato un insuccesso al 99,9%; (non sono perentorio perché l’Universo non finisce di stupirmi, ma questa percentuale si basa su ciò che ho potuto constatare finora).

Cosa un po’ diversa è quando si entra in ambito chirurgico nel quale è ovvio che in un intervento urgente che ti salva la vita, non è indispensabile una valutazione consapevole delle cause e una riflessione o sguardo profondo nella nostra interiorità, ma è necessario affidarsi a chi sa in modo analitico e preciso cosa e come fare per tenerci in vita.

Ma allora, uno si chiederà, qual è la tecnica più efficace per risolvere il mio malessere?

Ecco che qui entrano in gioco una serie di fattori prettamente soggettivi; infatti non esiste “La Terapia” che vada bene per tutti. Ognuno ha la propria sensibilità; una storia, un vissuto fatto di eventi, situazioni, gioie, dolori, traumi che lo rendono più ricettivo verso un approccio anziché verso un altro.

Ecco che a quel 51% citato prima, fa parte anche l’ascolto di sé; verso cosa mi sento attrarre? Cosa mi fa star bene? Con quale tecnica entro in risonanza? Di che tipo di relazione terapeutica ho bisogno per aprire le porte della mia interiorità e avere il coraggio di vedere il mio dolore? …di prendere contatto con le mie ferite e decidere che è il momento di prendermene cura? Ecc ecc

Molte altre sono le domande che possiamo porci per scegliere con consapevolezza quale strada intraprendere per la nostra guarigione su tutti i piani e su tutti i livelli del nostro Essere. Dal mio punto di vista è indispensabile partire appunto dall’ascolto di sé tenendo presente che è la Sinergia tra chi cerca aiuto e operatore,  il lavorare insieme più che affidarsi ciecamente, che pongono le basi per un risultato concreto.

Queste riflessioni sono alla base dell’intento con cui lo studio “Amarsi Consapevolmente” propone gli strumenti di autoconoscenza per essere di supporto al cammino personale di ciascuno; proprio perché attraverso la Terapia Cranio Sacrale, il Counseling, il Rebirthing, il Viaggio Sciamanico, e l’intento con cui le persone si predispongono a ricevere un “bagno” di vibrazioni (gong e strumenti armonici), c’è sempre un’interazione e collaborazione tra operatore e ricevente il quale a livello più o meno conscio, sta dicendo: “ok, sono qui con il mio 50%; aiutami con la tua conoscenza, con la tua Coscienza  e con l’aiuto delle forze invisibili, a raggiungere il massimo beneficio che possiamo raggiungere nel qui e ora”; ed è proprio qui che entra in gioco l’Effetto Osservatore, in grado di modificare i risultati sul piano energetico fino a raggiungere il livello cellulare.

Questa predisposizione, questo affidarsi attivo e in fiducia, unitamente all’intento dei due “osservatori” in campo, sono gli elementi che aprono le porte alle infinite possibilità che l’Universo ha di portare guarigione e armonia nel piano fisico e nei piani più sottili del Sistema Integrato Mente-Corpo di ogni Essere Umano.

Si può credere o meno a tutto questo, e sappiamo di certo che è la strada spesso più impervia quella che ci permette di trasformare la propria vita in un capolavoro per essere vissuta con pienezza; questo richiede l’attivazione della volontà e l’attraversamento di periodi difficili a volte, che agli occhi della nostra mente ci tolgono energia e voglia di continuare nella nostra evoluzione. Ma se siamo qui, a volerci liberare da ciò che ci ostacola dal vivere in pienezza e con la forza espansiva dell’amore, è perché abbiamo sentito una spinta interiore che vuole farci esperire ciò che ci è ancora in parte sconosciuto e che non ci deluderà.   ….tutto questo, con la consapevolezza che a volte c’è bisogno di prendere un attimo di respiro e che, di fronte ad un mal di testa, non necessariamente devo consapevolizzare che il mio corpo mi sta dicendo che ieri ho bevuto un prosecco di troppo, ma che ci può bastare anche un Moment Act prima di rimettersi in questo gioco meraviglioso chiamato “Vita”, alla scoperta di noi stessi e di come veramente funziona il nostro Universo interiore in rapporto all’Universo circostante.

Alberto

…Ci vuole Cuore…

In queste comunità virtuali (Facebook, Instagram e Co.) sembriamo a volte/spesso tutti un po’ maestri e un po’ filosofi, me compreso. Sappiamo, anzi, crediamo di sapere benissimo cosa gli altri dovrebbero fare per essere Felici, Liberi e In Amore, ma facciamo una fatica enorme ad applicare alla nostra propria vita solo uno dei post che condividiamo sui social. Ecco perché in questo giorno per me speciale voglio condividere un’esperienza di vita vissuta all’interno della quale ho applicato, senza saperlo, molti degli insegnamenti/incitamenti di questi meravigliosi post che spesso sembrano inapplicabili alle nostre vite; la nostra mente limitante è abilissima a trovare delle scuse plausibili per non vivere ciò che invece sarebbe possibile vivere a tutti e a convincerci che solo quando le condizioni esterne saranno favorevoli, potremo cominciare veramente a vivere la vita che desideriamo. Non è così!!! Le condizioni diventano favorevoli ad ogni passo che facciamo nella direzione che la nostra mente non riesce a vedere come favorevole e che quindi esclude a priori. Sono passi che ognuno farà da sé e per sé quando se la sentirà. Solo tre cose da sapere;

La Prima: quei passi non devono dipendere dagli altri e non saranno causa Diretta dell’eventuale sofferenza delle persone a noi vicine che non approveranno la nostra direzione!

La seconda è che tra il “qui ed ora” e il primo passo, la vita passa e può succedere che quel primo passo non arrivi mai; ecco perché si dice (vivi ogni giorno come fosse l’ultimo).

La terza… la scoprirete dopo aver fatto il vostro primo passo che vi farà aprire la porta che vi tiene al sicuro nel conosciuto per affacciarvi a quello che sarà il vostro “Infinito”.

11 anni esatti sono passati da quando ho sfidato le leggi del buon senso (a detta degli altri), ho sfidato la paura di non farcela, ho sfidato il mio burrone personale fatto di perpetuazioni e creazioni di quelle che erano le mie credenze limitanti e i miei condizionamenti famigliari, sociali e religiosi, inventando la vita che desideravo. Ho sfidato le leggi della razionalità per la quale avrei proseguito nella tranquillità di una routine di coppia arenata senza progetti evolutivi seppur con una moglie amorevole, e una vita  tanto “sicura” economicamente quanto piatta e monotona… emozionalmente morta, dove lavoro e doveri avevano preso il sopravvento su sogni e passioni, ovvero su tutto ciò che dà senso alla vita. Mi sono lanciato nel vuoto nella costruzione di un sogno partendo dal primo pezzo e mi sono trovato ad un passo dal vivere il mio paradiso personale. L’ho assaporato a momenti e ho ora la certezza che tutto è possibile se ci si affida alla totale IRRAZIONALITA’ e ILLOGICITA’ del CUORE. Per raggiungere questo, nel fare scelte legate all’amore verso me stesso e verso l’altro, ho  abbandonato termini come “voler capire..” “devo valutare..” “devo vedere..” “ho bisogno di informazioni..” “appena avrò un quadro completo..” “quando mi sentirò pronto..” ecc ecc.
L’Amore non contempla nessun ragionamento e non ha nessun bisogno oltre quello di vivere se stesso. L’Amore va solo vissuto senza “se”, senza “ma”, senza condizioni da raggiungere prima di essere esperito direttamente. Nelle sue varie forme l’ho incontrato e mi sono di lui nutrito anche grazie a molti di voi e a molti di coloro che non leggeranno questo messaggio ma che voglio ugualmente ringraziare per aver fatto parte alla realizzazione di questo sogno ormai diventato realtà. Non meno importanti, anzi, fondamentali, sono stati i “Sì” che ho detto a me stesso, rispettando la parte più profonda e autentica di me, anche quando quei “Sì”, sono stati vissuti come “ferite ricevute” da chi avrebbe voluto da me scelte diverse…Ma non è così!! Un “SÌ” a sé stessi, non è mai una ferita inferta all’altro. Un grazie anche a quel sacerdote “avanti” che mi mise in allerta sul fatto che nel perseguimento del mio sogno mi sarei scontrato con il concetto comune di amore che hanno la maggior parte delle persone, ma che poco ha a che vedere con l’Amore con la A maiuscola (per fare un esempio, quello cui fece riferimento Gesù la terza volta in cui chiese a Pietro se gli voleva bene); soprattutto in ambito relazionale si vive generalmente un amore condizionato da piccoli e grandi “se”, che limitano la capacità di dire un “SI’” totalizzante e incondizionato all’altro e a sé stessi….avevi ragione Don! Ma per fortuna ci sono persone capaci di accogliere la tua Essenza indipendentemente dai caratteri fisici, psico-emozionali e caratteriali a volte non pienamente sintonici con loro. Ringrazio a tal proposito le persone che ho incontrato e che mi hanno accolto in questo modo….spero abbiano avuto la stessa percezione da parte mia verso di loro….almeno quello è stato il mio intento.
Unico appunto da “aggiustare”; Ho sognato in bianco e nero e ora che mi sono svegliato, ho trovato una scatola piena di colori; in parte sono miei personali e altri sono quelli delle persone con le quali ho condiviso alcuni dei passi più importanti per raggiungere il mio stato dell’Essere attuale. Ci sono alcuni colori che mescolati ai miei potrebbero dare a quel sogno le sfumature che ho sempre desiderato per il mio progetto di vita. È un progetto elastico e mutevole, che presuppone la visione metaforica e non, di avere sempre pronta la valigia sotto il letto; progetto che sono disposto ad adattare a tutto, fuorché alla mancanza di Amore, Libertà e Rispetto per me, per gli altri e per l’ambiente che mi ospita. Spero che l’energia creatrice che mi ha portato fin qui, mi dia l’opportunità di usare quei colori e lasciare qualcosa di concreto, anche fossero solo poche parole di che cosa ho compreso da questa esperienza, prima di chiudere gli occhi e aspettare di vivere una nuova avventura.
Di sicuro una cosa l’ho capita, sentita, vissuta ed è impressa nelle mie cellule: “….ci vuole Cuore..”
Grazie ai miei maestri visibili e invisibili!

(Alberto)

…altra prospettiva ♥

A volte gli aforismi, i pensieri illuminati di alcune persone sembrano non poter essere messi in discussione in quanto a primo acchito appaiono come verità assolute! Ma spesso, basta un pò di apertura mentale per poter guardare a questi concetti seppur veri, da un’altra prospettiva e scoprirne nuove sfumature che li fanno diventare la propria “verità personale”…che ovviamente, mantenendo ancora la mente aperta, potrà essere un giorno cambiata fino ad essere stravolta in base alle esperienze vissute nella vita.

Oggi prendo in considerazione questa bellissima frase di Bell Hooks che, in prima battuta, ha catturato la mia attenzione perchè in effetti, se considerata dal punto di vista di un rapporto di coppia, lavorativo o di amicizia, quando ho incontrato certe persone che sono entrate nella mia vita, ho potuto constatare la veridicità di queste parole.

Ma spostandomi ad un altro livello e osservando ciò che non funzionava nella mia vita a prescindere dalle relazioni con le altre persone, mi sono trovato spontaneamente a tuffarmi in me stesso in un’introspezione che mi ha fatto vedere cosa veramente stava bloccando la manifestazione della mia essenza. Proprio da lì sono scaturite dapprima alcune comprensioni su come stavo vivendo, o meglio “non vivendo” la “mia vita” ed è stato quindi inevitabile quel cambiamento dal quale poi tutto o quasi, ha cominciato a funzionare.

Ecco perché propongo uno spunto di riflessione con una semplice domanda ma che può aprire molte porte per esplorare ognuno la propria interiorità:

…e se quel “qualcuno” (di cui parla Bell Hooks) fossi “Te Stesso”?!?!?! 

…a volte lo diamo per scontato, ma succede più di quanto ci immaginiamo, che non stiamo vivendo la Nostra Vita oppure la mettiamo (consciamente o inconsciamente) nelle “mani” degli altri nel momento in cui lasciamo che siano le loro scelte, le loro idee e/o il nostro “bisogno disfunzionale” di dipendenza a guidare i nostri passi che in questi casi, il più delle volte, ci fanno percepire una sensazione di vuoto interiore, di insoddisfazione, di tristezza alle quali non riusciamo a dare spiegazione. Non c’è miglior rimedio che diventare Sovrani della propria Vita riconoscendo la nostra Unicità e abbracciandola e colorandola con i nostri personalissimi colori!!! Allora Sì, che nel momento che avremo il coraggio di Entrare nella Nostra Vita, conosceremo, anzi, Ri-Conosceremo, l’Unica persona in grado di far “funzionare” ogni cosa! 

Un Abbraccio di Cuore a Voi e alla Vita

Alberto